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L’anello di Barile

Parco Nazionale del Pollino, 19/07/2015

Di fronte a tali spettacoli, plasmati dalla natura, con il solo uso degli elementi, non si può che rimanere estasiati. Parliamo delle gole alte del Raganello, dette gole di Barile, una stretta insenatura tra la Timpa di San Lorenzo e la Timpa di Cassano, un autentico santuario naturalistico. Sono gole profondissime, dove il Raganello scorre da millenni levigando le rocce che compongono il suo tormentato letto. Un luogo selvaggio misterioso e, se sottovalutato, anche pericoloso, perché non certo a misura d’uomo. Qui tutto è grandioso, sconfinato, ma al tempo stesso, racchiuso, come in un cofanetto, tra due pareti, di due imponenti montagne, incastonate in una terra, ricca di tradizioni, di costumi, di storia e di leggende. Frequentiamo questi posti, da molti anni ormai, ma ogni volta che calpestiamo i suoi sentieri è come fosse la prima. È un ambiente mutevole, aspro e selvaggio, ed ogni volta è un’avventura che ti mette alla prova. Nonostante sia più sicuro, risalire le gole fino al punto in cui il salto diviene invalicabile, e tornare indietro, noi preferiamo compiere un’escursione ad anello, con salita su sentiero, fino all’imbocco nella parte alta delle gole, e discesa lungo il torrente. Mentre nel primo caso, le cascate che si riescono a superare in salita, sono sicuramente superabili anche in discesa, nel secondo, una volta entrati nelle gole ed affrontato il primo salto consistente, non è più possibile tornare indietro, e nelle gole, si sa, non ci sono molte vie di fuga. A questo punto, devi andare avanti ed affrontare tutte le cascate, fino all’uscita dalle gole. È una sorta di metafora della vita: devi andare avanti ed affrontare tutte le difficoltà che ti si presentano davanti fino alla fine, senza poter tornare indietro. Da aggiungere che si tratta di un ambiente che muta di anno in anno e che si trasforma anche durante l’anno in base alla quantità di acqua e a causa di eventi naturali. Quando abbiamo proposto l’uscita ai nostri amici Umberto Genovese e Maurizio Lofiego di San Severino Lucano, sono stati subito entusiasti dell’idea e ci siamo dati appuntamento a San Lorenzo Bellizzi per poi raggiungere assieme in auto la località Maddalena. Al gruppo si è unito anche Saverio De Marco, che avevamo avuto modo di conoscere, ma con cui non avevamo ancora fatto escursioni insieme. Al punto di partenza, si aggrega al gruppo anche un sesto componente, un simpatico cagnolino nero, che ci ha seguiti lungo il percorso, senza mai allontanarsi da noi. Al termine dell’uscita abbiamo appreso che si chiama Billy, ed è un trovatello adottato dai proprietari della masseria da cui siamo partiti.

Risaliamo i roventi pendii di Palma Nocera, infuocati nonostante fossero ancora le otto del mattino ed imbocchiamo la spettacolare scala di Barile, un ardito sentiero, a strapiombo sul Raganello. Percorriamo in ombra il sentiero che a mezza costa ci condurrà al Belvedere di Barile.

Proseguiamo nel bel bosco di leccio lungo una mulattiera che è molto facile perdere, in quanto poco frequentata ed invasa spesso dalla vegetazione. Sbagliare qui, significa finire in un intricato ed impenetrabile bosco pieno di rovi. Ne usciamo bene ed arriviamo all’incrocio con il Canale Acqua Masa. Lo scendiamo fino a raggiungere il Raganello nei pressi della Lamia.

Nonostante avessimo più volte cercato di far tornare indietro il cagnolino, questi non ci ha dato ascolto ed appena ha raggiunto il Raganello si è tuffato in acqua. Saltellava agilmente tra i massi e nuotava, ma nelle gole ci sono dei salti che non avrebbe potuto affrontare. Abbiamo quindi pensato che alla prima difficoltà sarebbe tornato indietro. Raggiungiamo la frana del Grande Diedro e le pareti cominciano ad avvicinarsi. Poco più avanti incontriamo le sorgenti degli Equiseti dalle acque freschissime che sgorgano direttamente dalla parete e ci dissetiamo fino quasi a scoppiare, dato che fin lì nelle borracce c’era solo acqua bollente.

Alla prima vera cascata scendiamo calandoci con la corda e cerchiamo di convincere il cagnolino che nel frattempo abbiamo chiamato “Raganello” a tornare indietro. Lui prova a seguirci arrampicandosi sulla parete laterale molto ripida e non riuscendo a raggiungerci comincia ad abbaiare. Ci commuoviamo e decidiamo di portarlo con noi. Riusciamo a farlo scendere, chiamandolo, e lui ci ascolta, si fa coraggio e si avvicina a noi arrampicandosi lungo la parete e facendosi afferrare nel punto in cui questa diventa verticale.

Arriviamo nel punto più suggestivo, in cui le pareti si stringono fin quasi a toccarsi e la luce penetra a fatica. Qui le pareti sono umide, piene di muschi, generando uno scenario dalla bellezza straordinaria. Nei salti più consistenti ci caliamo in doppia, tastando il terreno sotto il pelo dell’acqua ed evitando inutili rischi. Ad ogni cascata aiutiamo “Raganello” passandocelo o facendolo tuffare e lui si lascia aiutare, quasi sapendo che siamo la sua unica speranza di sopravvivenza. È un grande nuotatore ma comincia ad avere freddo, come noi del resto, in queste acque gelide dove il sole non riesce a penetrare. Mangiamo un po’ di frutta secca e anche “Raganello” sembra gradire molto. Proseguiamo così, salto dopo salto, attraversando numerosi laghetti a nuoto, calandoci lungo le cascate, passando attraverso veri e propri cunicoli naturali generati da grossi massi accatastati e sbucando sotto il salto d’acqua!

E così fino a sbucare sotto i macigni che ostruiscono, come fosse un portone la bocca di Barile. Qui il nostro compagno a quattro zampe sente odore di casa e prova ad arrampicarsi sulle pareti, ma poi si lascia aiutare per l’ultima volta e calandosi con noi lungo la cascata riesce anche lui nell’impresa. È stata un’esperienza che rimarrà indelebile nei nostri ricordi, per la fantastica riuscita dell’escursione, per la gradevole compagnia, per la bellezza dei posti visitati, ma soprattutto per lui, Billy detto “Raganello” che si è fatto prima inguaiare e poi trarre in salvo da cinque pazzi escursionisti dal cuore tenero!