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Il Col de la Brenva e la Cima del Monte Bianco
Il Col de la Brenva e la Cima del Monte Bianco

Il Gigante Bianco

Monte Bianco, 14-18/08/2016

Il Monte Bianco, con i suoi 4810 metri di altezza, è la montagna più alta delle Alpi e di tutta l’Europa centrale, oltre ad essere una delle sette sommità del pianeta. Per noi, amanti della montagna però, la sua altezza non è l’unica caratteristica affascinante. Questo enorme monolite granitico infatti, circondato da punte aguzze e valloni in cui scorrono enormi e tormentati ghiacciai, rappresenta un ambiente incredibilmente selvaggio, nonostante l’uomo, con la costruzione delle sue attrazioni turistiche cerchi sempre più di addomesticarlo. Sono nate infatti, sia sul versante Francese che su quello Italiano, funivie in grado di raggiungere facilmente i ghiacciai d’alta quota, mentre, con un altro impianto a fune, è addirittura possibile collegare i due tronconi, quello italiano e quello francese, permettendo al turista di attraversare il massiccio restando comodamente appeso ad un filo! Sono cose che ci mettono tristezza, ma che non sminuiscono il fascino che questa montagna porta con sé. Su questa montagna è nato l’alpinismo, e l’ascensione alla sua cima non è cosa banale, vista la continua variabilità delle sue condizioni e la violenza dei fenomeni meteo caratteristici di queste quote.
È per questo, che da quando abbiamo cominciato ad andar per monti, sogniamo la cima del Monte Bianco. Inizialmente era solo un sogno irrealizzabile, mentre con l’aumentare delle nostre esperienze montanare, le possibilità che questo sogno potesse prima o poi avverarsi, crescevano. Dopo aver scalato qualche altro quattromila abbiamo cominciato a pensarci seriamente, e due anni fa abbiamo fatto il primo tentativo. Siamo stati costretti a rinunciarvi per il forte innevamento trovato in quel periodo, che rendeva molto elevato il pericolo di valanghe. L’anno successivo le condizioni erano opposte, poca neve e crepacci aperti già ad inizio stagione. Quest’anno le condizioni sembravano buone e quindi abbiamo deciso di ritentare. Lo abbiamo fatto sempre a modo nostro, con grande passione, forti della nostra esperienza ma al tempo stesso consapevoli dei nostri grandi limiti. Lo abbiamo fatto senza guide, preparando meticolosamente un trekking che partendo dall’abitato di Chamonix, ci permettesse di raggiungere la vetta, contando solo sulle nostre forze e soprattutto sperando in un meteo clemente, pronti però a rinunciare in caso di condizioni non buone.
Dopo aver affrontato il lungo viaggio in auto per raggiungere Courmayeur, attraversiamo il tunnel del Monte Bianco in Autobus, fino a raggiungere la vicina Chamonix, in Francia. Da qui subito a piedi e zaino in spalla cominciamo la nostra avventura, risalendo il ripido sentiero, prevalentemente boscoso, che porta al Refuge du Plan de l’Aiguille a quota 2207 metri, dove riusciremo finalmente a riposare dopo una notte praticamente insonne.


Il giorno successivo, dopo aver raggiunto la località di Montenvers a 1909 metri di quota, affollata dai turisti che risalgono da Chamonix mediante un trenino per visitare la Mer de Glace (mare di ghiaccio), scendiamo su parete attrezzata fino al letto del Ghiacciaio. Percorriamo quindi in salita la Mer de Glace, su ghiaccio scricchiolante, coperto di detriti, e cercando la via nel labirinto di crepacci. Raggiunta la confluenza del Glacier du Tacul e del Glacier de Leschaux nella Mer de Glace, impegniamo il ramo di destra, ovvero quello del Tacul, e proseguiamo fino ad intercettare il percorso anche questo attrezzato che ci permetterà di raggiungere la nostra seconda meta, ovvero il Refuge du Requin posto su uno sperone roccioso a 2516 metri di quota. Il letto del ghiacciaio è purtroppo, sempre più basso, tanto che per raggiungere la prima scaletta in ferro, ne è stata aggiunta una di fortuna, che permette di superare i primi metri di salto su liscia parete. Il rifugio è accogliente, ma piccolo ed essenziale, proprio come deve essere un rifugio di montagna.

Il giorno seguente, partiamo di buon’ora ma con la luce, su consiglio del gestore del rifugio, per la terza impegnativa tappa. Traversiamo in leggera discesa la morena laterale, fino a guadagnare nuovamente il ghiacciaio, subito a monte di una zona particolarmente tormentata, per poi proseguire, legati in cordata, su una lingua laterale più tranquilla che permette di superare i Seracchi del Gigante, da interpretare con molta attenzione, per evitare di esserne inghiottiti. Raggiungiamo quindi il Glacier du Géant (ghiacciaio del Gigante) che ci porterà, una volta aggirato il Gros Rognon, sulla testata della Vallée Blanche, dove è situato il Refuge des Cosmiques a quota 3613 metri, che ci ospiterà per la terza notte. Siamo stanchi per il faticoso trekking fin qui condotto ma il giorno seguente è l’unico giorno utile per tentare la vetta, in quanto subito dopo è previsto un peggioramento delle condizioni meteo. Il Refuge des Cosmiques è completamente diverso dai precedenti, è più grande ed affollato ed in grado di ospitare i numerosi alpinisti che giungono per scalare il Bianco e le sue cime minori. Per noi è sicuramente meno accogliente dei precedenti, ma è una sorta di tappa obbligata! Prepariamo gli zaini e cerchiamo di riposare un po’ prima della cena, mentre comincia a nevicare, cosa che fa crescere l’attesa e le incognite per il grande giorno. L’apporto è comunque piccolo, ed il freddo fa ben sperare nelle condizioni di rigelo, quindi andiamo a cercare di dormire un po’, prima dell’imminente sveglia trenta minuti dopo la mezzanotte e colazione all’una di notte.

Appena suona la sveglia, gli alpinisti isterici scattano! Qualcuno, già pronto a partire, scappa fuori dalle camerate. Il brusio si fa consistente ed un rumoreggiare delle attrezzature che battono sul solaio di legno ci riportano alla realtà di un alpinismo di massa. Noi due invece, stranamente riusciamo a mantenere la calma, quasi fossimo alpinisti navigati e dopo aver fatto colazione, una volta districatici in mezzo ad un via vai di scarponi piccozze e ramponi, riusciamo ad uscire dal rifugio ed un quarto d’ora prima delle due siamo in cammino. E’ sereno, ma in lontananza si vedono ancora i bagliori dei temporali. Ci facciamo convinti che si allontanino da noi, fidandoci delle previsioni, e proseguiamo. Durante la ripida salita al Mont Blanc Du Tacul, non riusciamo a rompere il fiato, ma non perdiamo la concentrazione nei passaggi chiave, come il superamento dell’aperta crepaccia terminale. Superato il Mont Blanc du Tacul a 4165 metri di quota, una prima discesa ci fa riprendere fiato portandoci nuovamente a 4030 metri, prima di un’altra ripida salita che culmina al Col du Mont Maudit (4345mt). Qui, nell’ultimo tratto sopra la crepaccia terminale, la rampa è particolarmente pendente ed una cordata impacciata ci fa sostare un po’ troppo. La sosta, associata al vento che comincia ad essere consistente ci fa perdere calore, tanto da cominciare a sentire freddo alle mani. Siamo costretti quindi a superare la cordata che ci precede e a raggiungere il Colle mentre comincia ad albeggiare. Superiamo con estrema attenzione un tratto a mezza costa, ghiacciato ed insidioso, con traccia molto stretta che conduce al Col della Brenva (4309mt), dove possiamo finalmente fare le prime fotografie. Il vento nel frattempo si è fatto impetuoso, aumentando ancor più la percezione del freddo ed ostacolando la scalata. Abbiamo superato il tratto tecnicamente più impegnativo quando, di fronte a noi, si staglia l’enorme cupola bianca. Mancano ancora cinquecento metri di dislivello, siamo stremati, e al ritorno bisognerà risalire le discese dell’andata. Un ragionevole dubbio ci assale! Continuiamo? Il desiderio però, di raggiungere quella cima agognata da anni, è troppo forte, quindi, ci facciamo coraggio e cerchiamo di trovare le forze per continuare! Un passo sofferto dopo l’altro, per raggiungere un sogno. Sono le otto e mezza, quando, dopo quasi sette ore di cammino, raggiungiamo la cima! Non riusciamo a trattenere le lacrime! La gioia è palpabile e ci abbracciamo coscienti del fatto che, nessuno dei due, senza l’aiuto dell’altro, ce l’avrebbe mai fatta! Tocchiamo il cielo con un dito e le difficoltà che ci attendono al ritorno, passano inesorabilmente in secondo piano. Senza troppi giri di parole siamo felici! Ci facciamo fare una foto da altri alpinisti giunti in vetta e scattiamo qualche foto al panorama sconfinato, ma decidiamo di non sostare troppo in vetta. Ci attende ancora tanta strada e dobbiamo anticipare l’arrivo del maltempo previsto per le due di pomeriggio. Percorriamo quindi l’intera via a ritroso, e superiamo la discesa dal Col du Mont Maudit, facendo una doppia. Ci fermiamo di tanto in tanto per fotografare seracchi giganteschi, alti come palazzi e crepacci pieni di stalattiti di ghiaccio. Durante la discesa dal Col du Mont Maudit ci coglie la nebbia che si dirada prima della salita al Tacul. Cerchiamo quindi di alzare il passo, ma il fisico non risponde. La nebbia ci invade definitivamente, quasi al termine della discesa dal Tacul, dove dovremo far affidamento al GPS per individuare la traccia corretta che ci porterà, dopo un’ultima rampa, nuovamente al Refuge des Cosmiques.


Il giorno seguente è previsto cattivo tempo, tanto che al rifugio ci sconsigliano di attraversare il Ghiacciaio del Gigante a piedi per raggiungere il Rifugio Torino. Noi decidiamo di fare colazione alle cinque e di partire solo, se le condizioni non sono proibitive. In effetti il meteo non è poi così brutto al primo mattino, e ne approfittiamo per attraversare il Ghiacciaio del Gigante, per poi scendere in funivia a Courmayeur. Avremmo voluto evitare anche questa, ma ci hanno informato che sul sentiero sono presenti i detriti dei lavori per la realizzazione della nuova funivia, che rendono il percorso, soprattutto nella parte alta, piuttosto pericoloso. Inoltre il maltempo incombe e decidiamo di non tirare troppo la corda.

È stato davvero un percorso grandioso, che ci ha fatti sentire piccoli ed insignificanti di fronte a tanta maestosità, ma che raggiunta la cima ci ha permesso di toccare il cielo, rendendoci felici!