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Timpone Campanaro
Timpone Campanaro

La Cresta del Campanaro

Parco Nazionale del Pollino, 08/05/2016

Il versante Sud del massiccio del Pollino ed in particolare, le creste, le valli e le pareti meridionali di Serra Dolcedorme, sono sicuramente tra le più grandiose, spettacolari e selvagge dell’intero Parco Nazionale del Pollino. Qui si snodano alcuni degli itinerari più belli, tra cui il Crestone dei Loricati, l’Anello di Celsa Bianca e la Cresta del Campanaro, magistralmente descritti da Giorgio Braschi nel suo libro, “Sui Sentieri del Pollino”. L’ultima volta che abbiamo raggiunto la cima del Dolcedorme da questo versante, era nostra intenzione compiere l’Anello delle due Grandi Creste, ovvero la salita per il Crestone dei Loricati e la discesa per la Cresta del Campanaro, ma una volta in vetta, il maltempo ci ha fatto cambiare idea, portandoci a scendere per Celsa Bianca, percorso che offriva più vie di fuga in caso di temporale. Per non perdere nuovamente l’occasione di percorrere la Cresta del Campanaro, decidiamo di farla in salita, scendendo poi per Celsa Bianca. Mai decisione fu più azzeccata! Infatti, la nebbia che ci ha invasi poco prima di raggiungere la vetta, ci avrebbe impedito di godere degli splendidi scenari che questa cresta è in grado di offrire. Per raggiungere il Passo del Campanaro, dal quale parte la lunga cavalcata in cresta, non partiamo però da Cozzo Palumbo, come proposto da Giorgio Braschi nel suo libro, ma dalla base di Valle Piana, a settecento metri di quota, subito dopo il sottopasso dell’autostrada, dove è stato posto anche un cartello informativo. La scelta è motivata essenzialmente dalla difficoltosa raggiungibilità di Cozzo Palumbo, senza l’ausilio di un mezzo fuoristrada, e dall’itinerario scelto per la discesa, più difficile da collegare a questa località di partenza. Partiti alle prime luci dell’alba, percorriamo la stradina in leggera salita, che prima costeggia e poi attraversa, un bel rimboschimento di pino, mentre un vivace scoiattolo ci prende alla sprovvista, attraversandoci la via. Proseguendo in linea retta, la Valle Piana comincia a prendere forma, delimitata ad ovest dal Timpone Dolcetti e ad est dal Crestone dei Loricati e diventa via via sempre più erta, a dispetto del nome. L’intera area, ha subito negli anni, numerosi incendi, e gli effetti sono ancora ben visibili in questi boschi, ma ciò non ha comunque intaccato la sua anima selvaggia e severa, che emerge prepotentemente man mano che si guadagna quota.

Continuiamo così fino a raggiungere un bivio che, imboccato a sinistra, permette di raggiungere il Varco del Pollinello, lungo il sentiero della Nevera di Celsa Bianca, mentre andando a destra, consente di guadagnare il Passo di Valle Cupa, dal quale è possibile attraversare il Crestone dei loricati, già percorso in altre occasioni, ed immettersi nella Valle Cupa. Impegniamo, ovviamente, il sentiero sulla destra, in un bel bosco di pino nero e faggio, fino a raggiungere il Passo di Valle Cupa e, proseguendo in leggera discesa, ci immergiamo nella valle omonima. Cupa di nome e di fatto, questa valle ci incanta, con il suo aspetto misterioso e selvaggio, e la attraversiamo in religioso silenzio e con il naso all’insù quasi a voler cercare la flebile luce che trapela dalle chiome degli enormi faggi che la popolano. Il Vallone del Faggio Grosso, confluisce nella Valle Cupa più in basso e quindi per raggiungerlo attraversiamo il costone che divide le due valli, in corrispondenza del Passo delle Valli. Di qui risalendo un ripido sentiero, usciamo dal Vallone del Faggio Grosso, e raggiungiamo il Passo del Campanaro, tra il Timpone omonimo, e la ripida ed affilata cresta, popolata da pini neri e pini loricati, che ci accingiamo a percorrere.

Un continuo susseguirsi di divertenti passaggi su roccia, ci condurranno dopo una lunga e faticosa salita, al Cozzo Sorvolato, anticima della Timpa del Pino di Michele che raggiungeremo di lì a breve. Splendidi esemplari di Pino Loricato, abbarbicati alle ripide pareti di fronte a noi, completano uno scenario grandioso, che ci toglie il fiato, già corto per il forte dislivello compiuto.

Nel frattempo, la nebbia che inizialmente copriva la valle, comincia a risalire, offuscando a tratti la nostra visuale, ma senza comprometterla più di tanto, finché non avremo raggiunto la cima risalendo la cresta Est.

Dopo una doverosa sosta, ripartiamo nella nebbia, che ormai ci avvolge completamente. Aggiriamo la Timpa di Valle Piana e puntiamo verso l’affilata cresta di Celsa Bianca, che percorreremo fino al Varco del Pollinello.

Mentre scendiamo, sorprendiamo un altro scoiattolo che squittisce e corre a nascondersi tra i rami. Non insistiamo più di tanto per cercare di fotografarlo, perché la nebbia avrebbe comunque compromesso lo scatto. Dal Varco imbocchiamo il sentiero, detto della Nevera di Celsa Bianca che scende ripido, con stretti tornanti fino al bivio incontrato all’andata. Anche qui, la faggeta, popolata da splendidi e maestosi esemplari di faggio, lascia il posto, man mano che si perde quota, ad una bella e profumata pineta.

Rientriamo all’auto, guardando di tanto in tanto alle nostre spalle, per osservare il Dolcedorme, ancora intrappolato nelle nuvole, felici di aver vissuto appieno quest’altra magnifica avventura.