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Il Monte Adamello si rispecchia nel lago Venerocolo
Il Monte Adamello si rispecchia nel lago Venerocolo

L’Alta Via dell’Adamello

Parco Naturale dell’Adamello, 16-23/08/2015

Lasciare l’Adamello è stato davvero difficile. Otto giorni vissuti in questi posti stupendi ci hanno permesso di apprezzarli ed amarli in modo particolare, tanto da affezionarcene. Un trekking di otto giorni per una lunghezza di circa 100 chilometri di cammino e quasi 8000 metri di dislivello cumulativo in salita. Si tratta del sentiero numero 1 ovvero dell’alta via dell’Adamello, una lunga traversata del parco naturale da sud a nord, dall’abitato di Breno a quello di Edolo. Un percorso, a tratti difficile e tecnico, che nei tratti più esposti è assicurato con catene, e comunque, mai banale, soprattutto quando le condizioni meteo peggiorano. Un susseguirsi di ripidi pendii, passi a quasi 3000 metri di quota, cenge esposte, pietraie ciclopiche, lunghi sentieri e guadi arditi, sempre circondati da vette aguzze, pareti verticali, profonde valli, ghiacciai sofferenti, altissime cascate, torrenti tumultuosi, tranquilli corsi d’acqua, laghi dai colori vivaci, panorami sconfinati, fioriture colorate ed animali selvatici. Un trekking reso ancor più duro a causa delle condizioni meteo, che non ci hanno però impedito di rispettare le tappe che avevamo inizialmente previsto.

Partiti a piedi da Breno (400mt) il 16 Agosto, in una giornata uggiosa, che non prometteva niente di buono, raggiungiamo il rifugio Tassara (1800mt) nella conca di Bazena, senza comunque prendere pioggia. Il giorno successivo, dopo una notte piovosa, partiamo verso il rifugio Tita Secchi (2367mt) presso il lago della Vacca. Lo raggiungiamo dopo aver attraversato il Passo Val Fredda (2338mt) sotto un cielo minaccioso. Arrivati al rifugio, infatti, comincia a piovere, ma la nostra meta è ancora lontana. La pioggia è discontinua e perciò, indossati gli antipioggia, ripartiamo, attraversiamo il passo Blumone (2633mt), scendiamo nella conca del Gellino e risaliamo verso la Bocchetta Brescia (2717mt). Nebbia, pioggia, freddo e la complessità del percorso, reso ancor più insidioso per via della scivolosità, in quanto bagnato, ci mettono alla prova, ma teniamo duro, e attraversata la Bocchetta, scendiamo, saltando tra i grossi massi di una ripida pietraia, fino al piccolo rifugio Maria e Franco (2574mt) presso il passo Dernal.

Dopo una piacevole serata chiacchierando con i nostri compagni di tavolo andiamo a dormire, speranzosi per la tappa successiva che si preannuncia come una delle più impegnative dell’intero trekking. Il giorno successivo, fortunatamente, il tempo è bello, e scendiamo sotto un sole magnifico verso il passo di Campo (2296mt) prima di risalire al passo Ignaga (2528mt). Qui, le testimonianze della guerra bianca che si è combattuta duramente tra queste montagne diventano frequenti e ci fanno quasi vedere da vicino, quali potevano essere le difficoltà di chi l’ha combattuta.

Seguiamo quindi un percorso di guerra, molto esposto, e dopo aver attraversato anche una imponente cascata raggiungiamo il rifugio Lissone (2020mt) che però non è la meta della nostra tappa. Risaliamo infatti la Val Adamè fino al grazioso rifugio Baita Adamè (2150mt), gestito da simpatici volontari, poco prima che venisse nuovamente a piovere.

Al rifugio, conosciamo Rosanna e Valerio, due coniugi di Coccaglio, a loro volta impegnati nel percorrere l’alta via dell’Adamello. In realtà eravamo insieme anche al Maria e Franco, che hanno raggiunto però partendo dalla Malga Cadino, dove ha avuto inizio il loro trekking. Da qui in poi, condivideremo con loro, quasi tutte le soste ai rifugi, dove ci conosceremo meglio e ci racconteremo le emozioni vissute durante le uscite. Il giorno successivo il tempo è ancora brutto, ma non piove e la tappa è breve, così partiamo in salita verso il passo di Poia (2775mt). La salita è ripida e faticosa, allietata però dalla vista di tre magnifici stambecchi adulti. Al passo inizia a piovere acqua mista a neve e la discesa lungo la pietraia ciclopica diventa ancor più delicata. Saltiamo tra enormi massi granitici, per un bel tratto, prima di imboccare il sentiero che ci condurrà in breve, al rifugio Prudenzini (2235mt) in val Salarno.

Il giorno seguente, invece, il tempo è bello, la salita al passo Miller (2818mt) è agevole e veloce, e la vista dal passo è veramente spettacolare. Una caratteristica di questi passi sono le pietraie sconfinate della zona in quota, caratterizzate da massi enormi, incastrati in maniera caotica, che superiamo con un susseguirsi di salti e una buona dose di equilibrio. Man mano che scendiamo, la pietraia lascia il posto alla terra ricoperta da verdi prati costellati da fioriture d’alta quota. Raggiungiamo quindi il rifugio Gnutti (2166mt) nella conca del Miller, attraversiamo il passo del Gatto e superiamo il rifugio Baitone (2281mt) presso il lago omonimo dal colore blu intenso, fino a raggiungere il rifugio Tonolini (2450mt) in val Malga.

In serata il tempo peggiora come al solito ma, fortunatamente, il giorno successivo è nuovamente bello, e ci consente di partire sotto il sole, verso il passo Premassone (2847mt). Al passo, avvistiamo anche tre piccoli stambecchi e un’aquila reale che volteggia sul sottostante lago Pantano, prima di posarsi su un lontano costone roccioso. Dal passo, scendiamo, prima una paretina assicurata da catene, poi tra massi giganteschi e infine su sentiero, fino alla diga Pantano, per poi risalire con tornanti sempre più ripidi al passo del Lunedì (2650mt) caratterizzato da pareti laterali, vicine e verticali. Scendiamo quindi, attraversando la morena del ghiacciaio dell’Adamello, fino a raggiungere il rifugio Garibaldi (2550mt) dove passeremo la notte.

Il giorno dopo, partiamo in discesa verso il lago Benedetto (1900mt), per poi compiere una lunga e faticosa salita verso il passo Gole Larghe (2804mt), prima nel bosco, poi su sentiero scoperto ed infine su pietraia. Dal passo, riprendiamo a scendere, ripercorrendo a ritroso le tre tipologie di terreno, fino a raggiungere il rifugio Sandro Occhi (1930mt) presso il lago Aviolo, dal colore verde smeraldo. Il tempo è previsto nuovamente in peggioramento e quindi, decidiamo di condensare in una sola tappa le ultime due previste. I nostri amici invece decidono di scendere il giorno stesso a Vezza d’Oglio dove hanno lasciato l’auto per il rientro a casa.

Il giorno seguente infatti, partiamo avvolti nella nebbia, verso il Passo Gallinera (2320mt) e durante la salita avvistiamo due agili camosci. Al passo e durante la discesa ne avvistiamo molti altri, tanto da rendere splendida, una giornata uggiosa. Scendiamo, su ripido sentiero, per poi risalire nel bosco al rifugio Malga Stain (1832mt). Il bosco è particolarmente suggestivo, per via della nebbia che aggiunge quell’alone di mistero e che ti fa sentire in un luogo incantato. Superato un tratto di strada, imbocchiamo una mulattiera che con un lungo tratto sempre nel bosco, ci porterà fino ad Edolo (700mt).

Qui dobbiamo raggiungere la stazione, e prendere il treno che ci riporterà a Breno. Insomma, veramente una splendida avventura, che ci ha fatto vivere emozioni forti, in un ambiente grandioso, rispetto al quale ci si sente piccoli, ma al tempo stesso, speciali per essere stati in grado di farcela.